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Il “decreto dignità” non ferma il precariato e non cancella il Jobs Act

di ROBERTA FANTOZZI
03/07/2018 - 08:23

Di Maio ha totalmente ragione quando dice che i dati Istat non fanno altro che certificare la precarietà, ed hanno invece torto marcio gli esponenti del PD quando continuano a glorificare le politiche che hanno fatto. Ma i provvedimenti annunciati con il decreto “Dignità”, in particolare sui contratti a termine, sono del tutto insufficienti per fermare la precarietà, e non cancellano per nulla il Jobs Act!

Andiamo con ordine: i dati Istat parlano di un nuovo record, con 23milioni e 382mila persone occupate. Ma come abbiamo detto più volte l’Istat considera occupata qualsiasi persona che nella settimana in cui è stata intervistata abbia “svolto almeno un’ora di lavoro in una qualsiasi attività che preveda un corrispettivo monetario o in natura” ed in realtà quello che i dati certificano è solo la crescita dei lavori precari. Dei 439mila lavoratori dipendenti che risultano occupati in più rispetto a maggio 2017, infatti ben 434mila, cioè il 98,8% è a termine e solo 5mila (l’1,1%) sono a tempo indeterminato.

Inoltre se il numero degli occupati viene confrontato con altri dati, sempre forniti dall’Istat, risulta evidente che la situazione continua ad essere nettamente peggiore dei livelli pre-crisi: il numero di ore lavorate nel primo trimestre nel 2018 è inferiore di 690 milioni rispetto al primo trimestre del 2008 ed il numero di Unità di Lavoro (cioè il numero che si ottiene dividendo le ore lavorate per un orario standard a tempo pieno) resta  inferiore di 1 milione e 200mila unità

In sostanza gli occupati crescono perché è cresciuto il part-time imposto e i lavori a termine di brevissima durata, non l’occupazione stabile con cui si riesce a vivere dignitosamente.

Continua inoltre la dinamica determinata dalla controriforma Fornero delle pensioni: se il totale degli occupati in più rispetto a maggio 2017 (lavoratori dipendenti ed autonomi) è di 457mila persone infatti, 468mila sono over50, un dato nettamente superiore all’invecchiamento della popolazione.

Quanto ai provvedimenti annunciati dal cosiddetto decreto Dignità sui contratti a termine, sono del tutto insufficienti a fermare la precarietà.

La reintroduzione delle causali non riguarda infatti i contratti inferiori a 12 mesi che secondo gli ultimi dati Eurostat sono il 78% dei contratti a termine stipulati (il 3% sono inferiori a 1 mese, il 20% tra 1 e 3 mesi, il 26% tra 4 e 6, il 29% tra 7 e 12), cioè la stragrande maggioranza.

Non si cancella la precarietà, né tantomeno il Jobs Act che ha definitivamente eliminato l’articolo 18 per i nuovi assunti. E che il PD critichi da destra queste misure mostra solo il punto a cui è giunto il degrado della politica nel nostro paese.

E’ sempre più urgente la costruzione del polo della sinistra antiliberista e alternativa a tutti gli schieramenti in campo.