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Umbertide cambia: “La chiusura della Moschea è un atto dovuto, non ha un significato religioso”

Attualità
Umbertide 05/09/2018 - 14:14

"La chiusura della Moschea di Via Cesare Battisti è un atto dovuto e non ha alcun significato religioso. Si tratta semplicemente di rispettare il principio di legalità. Se i locali non sono agibili non ci si può stare. E’ un atto dovuto, di garanzia per tutti, conseguenza dell’esposto presentato nel dicembre 2017 da Umbertide cambia a fronte di una situazione oggettiva, rispetto alla quale per anni le diverse amministrazioni comunali hanno voluto chiudere gli occhi. E che vale per il Centro Islamico come, ad esempio, per la Piattaforma, oggetto anch’essa del nostro esposto, che da anni viene gestita senza rispettare la convenzione che sta alla base della concessione. Due casi emblematici che avevamo sollevato per sottolineare uno stile di governo, appunto da cambiare, basato sulla “trattativa privata” piuttosto che sul rispetto delle norme. Ma la chiusura del Centro Islamico conferma come in realtà il problema della comunità musulmana sia dove ora andare a pregare, cioè dove trovare un altro luogo di culto e di associazione. Si riapre così la questione irrisolvibile: Centro culturale o Moschea? E si riparte dal punto di vista che noi abbiamo sempre evidenziato. Non si tratta di un problema di natura edilizia o urbanistica, ma culturale e sociale. E come tale va trattato. Quindi non con il buonismo, la superficialità e l’interessata accondiscendenza dimostrata finora da chi ha governato, né con la minaccia delle ruspe e pareri pro veritate. E’ necessaria piuttosto la stipula di un solido patto di cittadinanza, dove si riconoscano, insieme ai diritti, i doveri e le responsabilità delle comunità straniere. Questa è stata la nostra posizione nella precedente consiliatura ed in campagna elettorale. Questo ribadiamo oggi. Occorre confrontarsi in maniera diversa con le comunità straniere che risiedono ad Umbertide ed occorre formalizzare un accordo a beneficio della comunità intera, appunto un patto di cittadinanza, molto diverso dal protocollo firmato con il Prefetto e mai portato in Consiglio comunale per l’approvazione. Occorre chiarire i temi di una convivenza fondata sui principi costituzionali, affrontando con coraggio anche aspetti complessi e delicati, aprire un costruttivo confronto con le parti più aperte della comunità islamica, risolvere il problema della nuova Moschea, intesa però non come una sfida religiosa, ma come l’esigenza legittima di un luogo di riferimento trasparente, aperto e controllabile per esigenze di ordine pubblico. In tal senso, nello spirito del nuovo Patto, e del fondamentale principio di legalità, riteniamo che il Comune debba ora adoperarsi per cercare una soluzione agibile da mettere temporaneamente a disposizione della comunità islamica. E chiamare con il loro nome le cose, perché di una Mosche si tratta. Questo avremmo fatto noi: chiarezza e dialogo"