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25 Marzo 1861 : l'on. Cavour "risponde" alle dichiarazioni del presidente della CEI Bagnasco

on. Camillo Benso,conte di Cavour
12/02/2016 - 13:12

*"Non bisogna farsi illusione : molte persone di buona fede, non animate da pregiudizi ostili all'Italia e nemmeno alle idee liberali, temono che, quando Roma fosse unita all'Italia , quando la sede del Governo italiano fosse stabilita in Roma , quando il Re sedesse sul Quirinale, temono, dico, che il Pontefice avesse a perdere molto e in dignità e in indipendenza ; temono in certo modo che il Pontefice invece d'essere 'il capo di tutto il Cattolicismo dovesse essere ridotto alla carica di grande elemosiniere o di cappellano maggiore.  Se questi timori fossero fondati, se realmente la caduta del potere temporale dovesse trar seco necessariamente questa conseguenza, io non esiterei a dire che la riunione di Roma allo Stato d'Italia sarebbe fatale non solo al Cattolicismo, ma anche all'Italia; giacchè, o signori, io non so concepire maggiore sventura per un popolo colto che di vedere riunita in una sola mano, in mano de' suoi governanti, il potere civile e il potere religioso.  La storia di tutti i secoli, come di tutte le contrade, ci dimostra che, ovunque questa riunione ebbe luogo, la civiltà quasi sempre immediatamente cessò di progredire, anzi sempre indietreggiò; il più schifoso despotismo si stabilì; e ciò, o signori, sia che una casta sacerdotale usurpasse il potere temporale, sia che un califfo od un sultano riunisse nelle sue mani il potere spirituale. Dappertutto questa fatale mescolanza ha prodotto gli stessi effetti; tolga adùnque Iddio, o s ignori, che ciò avvenga nella nostra contrada. Ciò premesso, io credo dover esaminare da tutti i lati la sollevata questione, quella cioè degli effetti che la riunione di Roma all'Italia avrà sulla indipendenza del potere spirituale del Pontefice. La prima cosa che io debbo fare si è di esaminare se ora veramente il potere temporale assicuri al Pontefice una effettiva indipendenza. In verità, se ciò fosse, se il potere temporale guarentisse ora, come nei secoli scorsi, l'indipendenza assoluta del Pontefice, io esiterei molto a pronunziare la soluzione di questo problema. Ma, o signori, possiamo noi, può alcuno affermare con buona fede che il potere temporale del Pontefice qual è ora costituito conferisca alla sua indipendenza? No certamente, quando si vogliano considerare le condizioni attuali del Governo romano con ispirito di imparzialità. Nei secoli scorsi quando il diritto pubblico europeo non conosceva quasi nessun altro titolo giuridico di' sovranità che il diritto divino; quando i sovrani erano considerati come proprietari assoluti dei paesi che costituivano il loro dominio; quando i vari Governi d'Europa rispettavano questo principio, oh! io intendo che, pel Pontefice, il possesso di alcune provincie, di uno Stato di qualche estensione fosse· una garanzia d'indipendenza. In allora questo principio era accettato, od almeno subito dalle popolazioni stesse; quindi volendo o non volendo, simpatico od antipatico che loro fosse quel governo lo accettavano, lo subivano; p erciò io non esito a riconoscere che sino al 1789 il potere temporale fu pel Pontefice una garanzia d'indipen denza. Ma ora, o signori, qnesto (liritto pubblico è mutato; qua si tutti i governi civili riposano sul principio del consenso o tacito od esplicito delle popolazioni. Noi vediamo que sto principio solennemente proclamato in Francia ed in Inghilterra; noi lo vediamo quasi accettato in Prussia; vediamo persino che l'Austria stessa vi si accosta, e che la Russia se lo contesta ancora, non lo respinge più con qnella veemenza con cui lo combatteva l'imperatore Nicolò, il quale aveva quasi fatto del diritto divino nn dogma religioso. Ammesso che il consenso clei popoli al governo che è loro imposto s ia necessario, è facile il dhno strare che il potere temporale manca assolutamente di fondamento. Ora, che non vi sia questo consenso, che anzi vi sia stato e vi sia tuttora un antagonismo crescente tra le popolazioni degli antichi dominii del Papa ed il governo temporale del Sommo Pontefice è cosa evidente. lo non riauderò gli annali della storia; vi farò tuttavia osservare che quest'antagonismo si manifestò quasi immediatamente dopo la restaurazione del 1814. Ed invero, o signori, pochi mesi dopo la restaurazione del 1814 noi vediamo, all'apparire negli Stati della Chiesa di un illustre guerriero, facendo appello al principio della nazionalità italiana, noi vediamo insorgere i popoli di quelle contrade' noi vediamo proclamata la incompatibilità del governo temporale colla civiltà novella da quel grande italiano che nel suo lungo esilio rese illustre la nostra patria come grande economista, come abile statista ; da quell'italiano che sul finire della sua carriera, per i spirito di abnegazione, volle tentare l'impossibile impresa di riconciliare il potere temporale col progresso civile, e la cui morte fu una delle più grandi sventure che sia toccata all'Italia. (Bravo I Benissimo  dalla destra) Intendo parlare di Pellegrino Rossi che nel 1816 proclamò in Bologna il principio della nazionalitità italiana. Gli anni immediatamente successivi furono relativamente tranquilli; i popoli erano talmente spossati da quella lotta da giganti che aveva durato oltre a 25 anni, che anelavano all' assoluto riposo. A ciò forse contribuirono pure il governo assai mite del venerando Pontefice che illustrò allora il trono pontificale colle sue virtù, e la politica relativamente liberale del suo ministro il cardinale Consalvi. Ma non sì tosto l'Italia si commosse nel 1820 e nel 1821 per ottenere libertà e indipendenza, che le Romagne, paese in cui è vivissimo il sentimento patriottico, si dimostrano insofferenti del governo pontificale. D'allora in poi vi fu sempre antagonismo più o meno aperto fra le popolazioni dello Stato ponifiio e il loro governo. Dopo la rivoluzione elel 1830 questo antagonismo si tradusse in movimento insurrezionale ; quelle provincie , senza opposizione di sorta, affermarono il loro di ritto di sottrarsi al dominio temporale dei papi, e quel moto, partito eia Bologna, si estese sino alle porte di Roma. L'inervento straniero venne a soffocarlo, D ' allora in poi l'intervento straniero divenne una necessità; cessò, è vero, per qualche anno, ma se cessava di fatto, la minaccia ne durava tuttavia imminente, e le truppe tedesche ritiratesi dalle Romagne e dalle Marche stavano accampate sul Po pronte ad accorrere ad. ogni moto che sull'altra riva scoppiasse e ciò che costituiva per certo un véro e contiuo intervento. Questo antagonismo si fece più forte e più insistente dopo il 1848, e d'allora in poi non bastò più la minaccia dell 'intervento , l'intervento effettivo esteso a tutte le parti dello Stato divenne una necessità. Certo, o signori, gli eventi del 1859 non hanno modificato questo sentimento; è facile di verificarlo. Le Romagne sono . unite a noi oramai da due anni; la stampa vi è libera, libera vi è la manifestazione del pensiero così ai laici che agli ecclesiastic e; libere sono le associazioni; e le elezioni non vi sono state certamente violentate nè dal Governo, nè dai privati. Che queste libertà esistano, ne sia prova il fatto che in Bologna si è stabilito un giornale clericale;e, quautunque io non lo legga, credo ch'esso sia ultraclericale, e forse più violento della nostra Armonia. (ilarità) Voi sapete pure che i prelati hanno potuto pubblicare le loro proteste non tutte formulate con quella moderazione che il santo ufficio che essi adempiono loro imporrebbe, e che non vennero per ciò molestati. Ebbene, malgrado questa, libertà di cui godono le Romagne, si è forse manifestato qualche rimpianto del passato governo ? Vi è una parte qualunque della popolazione che abbia desiderato l'antico regime ? Sebbene ( debbo con fessarlo non solo a nome mio, ma anche de' miei colleghi), qualche errore da noi commesso in quelle contrade abbia fors'anche prodotto alcuna casa fondata o non di malcontento  quel malcontento si traduce in qualche critica di questo o di qu ell'altro ministro, o fors'anche dell 'intero gabinetto, ma giammai nel panegirico degli antichi governanti, (Segni di assenso).[...] Ed infatti, se il dominio temporale è stato dato al Pontefice per a ssicurare l 'indipendenza dellla sua autorità spirituale, evidentemente il Papa deve sacrificare le considerazioni riguardanti il potere temporale a quelle relative agl'interessi della Chiesa. Ora, quando domandate al Pontefice di fare alla società civile le concessioni richieste dalla natura dei tempi e dal progresso della civiltà, ma che si trovano in opposizione ai precetti positivi d ella religione ,li cui egli è Sovrano Pontefice, voi gli chiedete cosa che egli non può, non deve fare. Se assentisse a siffatta domanda, egli tradirebbe i suoi ,doveri come Pontefice, cesserebbe di essere rispettato come il Capo del Cattolicismo. Il Pontefice può tollerare certe sitituazioni come una necessità; ma non può promulgarle ,. non può assumerne la responsabilità, non può dar loro l'autorità del suo nome. Ìo adduco un esempio. Il Pontefice può tollerare in Francia il matrimonio civile, ma non può, rimanendo Pontefice, .dargli l 'autorità del suo assenso, non lo può proclamare come legge dello Stato. Ciò che io affermo per il matrimonio civile, lo dico per un'infinità di altre istituzioni che, considerate dal punto di vista meramente cattolico, si trovano in contraddizione con alcuni precetti, e che è oramai riconosciuto essere una eccessità il tollerare. Quindi io non esito a dire lungi dal fare al Pontefice un rimprovero di aver costantemente rifiutato le riforme e le concessioni che da lui si chiedevano, qnesta sua, che non è ostinazione, ma fermezza, è, a mio avviso, a giudicarne da cattolico, un titolo di benemerenza. (Movimenti) Di ciò io fui sempre convinto; ed io ebbi nella mia carriera molte volte a combattere contro coloro i quali di buona fede sostenevano la tesi che io ho ora esposta, contro quelli, cioè, che in sistevano onde il Papa accorciasse riforme. lo mi ricordo che al Congresso di Parigi altissimi personaggiben disposti per l'Italia, e preoccupati specialmente delle anormali condizioni degli Stati Pontificii, insistevano presso di me onde tracciassi loro le riforme da presentarsi alla Santa Sede, onde indicassi il modo con cui potessero essere applicate. In allora rifiutai di farlo, e proclamai altamente la dottrina che ho ora esposta, cioè l'impossibilità per il Papato di aderire ai consigli che gli si volevano dare; e sin d'allora, aiutato potentemente dal mio egregio amico il ministro Minghetti, che ebbe parte principale a quei negoziati (e qui mi è grato avere l'occasione di rendergli la giustizia che gli si deve, e ,di attribuirgli quella larga parte di merito che mi si è voluto dare esclusivamente per ciò che si è compiuto a Parigi), ho dichiarato altamente che il solo mezzo di mettere le Romagne e le Marche in una condizione normale era quello di far sÌ che quei paesi potessero reggersi senza l'occupazione straniera, vale a dire di separare intieramente l'amministrazione di essi da Roma, di renderli civilmente, amministrativamente, finanziariamente indipendenti. S'io avossi poi bisogno d'avvalorare questa teoria presso quella classe numerosa ,l'uomini di buona fede che credono possibile la conciliazione dei grandi principii del progresso civile, dei grandi principii del 1789 col potere temporale, direi loro: tutti i vostri sforzi verranno a rompersi contro il principio del governo stesso. lo non attribuisco i mali di quei 'paesi alle persone che sono state destinate a governarli. Credo in verità che, quand'anche si fossero cambiati tutti gli antichi reggitori delle provincie soggette al dominio sacerdotale, quando si fossero destinati al governo delle medesime gli uomini più illuminati e liberali, dopo breve tempo le cose sarebbero tornate nello stato di prima. Finchè dura la riunione dei due poteri, la confusione dei medesimi, il mal governo saranno cose inevitabili. Non vorrei fare un paragone poco rispettoso; tuttavia reputo necessario indicare un fatto analogo. (Movimento di attenzione) L'Europa da 20 anni si strugge per trovar modo d'operare una riforma nello Stato ottomano. Non v'è arte diplomatica, non v'è influenza che non sia esercitata in questo senso  e per essere giusto, dirò che molti, forse la maggior parte dei ministri ottomani, sono dispostissimi ad operare queste mutazioni, a conciliare il vivere civile con le forme del loro governo. lo ho avuto l'onore di conoscere parecchi de'più distinti uomini di Stato di quel paese, i quali mi hanno tutti maravigliato per la larghezza delle loro vedute, per il liberalismo de'loro principii; eppure finora l'opera loro è rimasta quasi sterile;  perchè, o signori? Perchè a Costantinopoli , come a Roma, il potere spirituale e temporale sono confusi nelle stesse mani. Quindi, o signori, io credo non esservi verità più dimostrata di quella che ogni riforma nel govemo temporale è impossibile. Ciò essendo, lo stato attuale di antagonismo fra la popòlazione e il Govemo non può cessare ; e, non potendo esser rimosso, egli è evidente che il potere temporale non è una garanzia d'indipendenza per il Pontefice . Ciò chiarito, mi pare che i timori dei cattolici dovrebbero dileguarsi; se ora il Papa non è veramente indipendente, se questo potere temporale non è per lui una garanzia, essi dovrebbero essere ormai molto meno teneri di questo potere temporale, di questa fallace garanzia. Ma io penso che a convincere pienamente questa parte eletta del Cattolicismo sia necessario di provare che il Papa sarà molto più indipendente, che potrà esercitare la sua azione in modo molto più efficace, quando, abbandonata la potestà temporale, avrà sancito una pace duratura coll'Italia sul terreno della libertà. Gli è ciò che vi prego a permettermi di dimostrarvi dopo pochi minuti di riposo. (La seduta è sospesa per alcuni minuti.) Se il potere temporale non assicura l'indipendenza della Chiesa, con quali mezzi, mi si dirà, volete voi assicurarla? [...] Noi riteniamo cho l'indipendcnza del Pontefice, la sua dignità e l'indipendenza della Chiesa possano tutelarsi mercè la separazione ,dei ,due poteri, mercè la proclamazione ,deI principio di libertà applicato lealmente, largamente, ai rapporti della socictà civile colla religiosa. Egli è evidente , o signori, che, ove questa separazione sia operata in modo chiaro, definito e indistruttibile; quando questa libertà della Chiesa sia stabilita, l'indipendenza del Papato sarà su terreno· ben più solido che non lo sia al presente. Nè solo la sua indipendenza verrà meglio assicurata, ma la sua autorità diverrà più efficace, poichè non sarà più vincolata dai moltiplici Concordati, da tutti quei patti che erano e sono una necessità finchè il Pontefice riunisce nelle sue mani, oltre alla potestà spirituale, l'autorità temporale. Tutte quelle armi, di cui deve munirsi il potere civile in Italia e fuori, diverranno inutili quando il Pontefice sarà ristretto al potere spirituale. Epperciò la sua autorità, lungi dall'essere menomata, verrà a crescere assai più nella sfera che sola le compete. (Bravo!) lo credo che questo non ha bisogno di dimostrazione, e penso cho ogni sincero cattolico, ogni sacerdote zelante per la religione di cui è ministro, deve preferire di molto questa libertà d'azione nella sfera religiosa ai privilegi ed anche al potere supremo nella sfera civile. Se altrimenti fosse, converrebbe dire che quei sacerdoti, quei cattolici non sono di buona fede, e vogliono fare del sentimento religioso un mezzo di promuovere i loro temporali interessi. (Risa di assenso) La difficoltà dunque sta in ciò, nè io penso che verun teologo assennato possa contestare questa verità. BensÌ mi si dirà: come assicurerete questa separazione, questa libertà che promettete alla Chiesa? A parer mio essa si può assicurare in modo efficacissimo; la I Chiesa troverà garanzie potenti nelle condizioni stesse delle popolazioni italiane, nelle condizioni stesse del popolo che aspira all'onore di conservare in mezzo a sè il Sommo Capo della società cattolica. l principii di libertà da me accennati debbono, o ,ignori, essere inscritti in modo formale nel nostro Statuto, debbono far parto integrante del patto fondamentale del nuovo regno d'Italia. Ma non è questa, a mio avviso, la sola garanzia che la Chiesa può ottenere; la maggior garanzia, sta nell'indole, nella condizione stessa del popolo italiano. Il popolo italiano è eminentemente cattolico; il popolo italiano non ha mai voluto distruggere la Chiesa, ma volle solo che fosse riformato il potere temporale. Tali furono le opinioni dei più grandi, dei più arditi pensatori eli tutti i secoli in Italia. Arnaldo da Brescia, Dante, Savonarola, Sarpi, anche Giannone, almeno por quanto si rileva da suoi scritti, tutti vollero la riforma del potere temporale, nessuno la distruzione .del Cattolicismo. Questa riforma è un desiderio ardente dell'Italia, ma quando esso sarà compinto, io oso affermare che nessun popolo sarà più tenero, più tenace elell'indipendenza del Pontefice, dell'assoluta libertà 'della Chiesa. Questo principio di libertà, io lo ripeto, è conforme all'indole vera della nostra nazione, ed io porto fiducia che quando le condizioni nostre siano prese ad attento esame dai più caldi fautori dell'indipendenza della Chiesa, essi saranno costretti a riconoscere la verità di quanto ho già proclamato, e dovranno ammettere che l'antorità del Pontefice, l'indipendenza della Chiesa saranno molto meglio assicurate dal libero consenso di 26 milioni d'Italiani, che da alcuni mercenari raccolti intorno al Vaticano, od anche da truppe valorose ed amiche, ma pur sempre straniere, (Bravo!) Ma, mi si dirà, voi manifestate delle speranze, i fatti però paiono poco conformi alla loro realizzazione. Voi vedete che ogni vostro tentativo di transazione, che ogni offerta di negoziati vione decisamente respinta. lo non credo opportuno, e la Camera approverà la mia riserva, di addentrarmi in minuti particolari delle nostre relazioni colla Corte di Roma; non esiterò però a riconoscere che finora nessun tentativo per aprire negoziati fu accolto da quella Corte; ma .debbo altresì dichiarare che il momento per addivenire a trattative su quei larghi principii che io ho testè proclamati non era forse ancora venuto, e che quindi ci è lecito di nutrire fiducia che quando le nostre intenzioni saranno chiaramente conosciute e giustamente apprezzate, le disposizioni della Corte di Roma potranno modificarsi e piegarsi a più miti consigli. La storia ci offre molti esempi di Pontefici che, dopo avere scagliato i loro fulmini contro alcuni sovrani coi quali erano in urto, hanno poi stretta pace ed alleanza con essi. Voi ricorderete che in tempi nefasti per l'Italia, Clemente VII, dopo aver veduta la sua Roma invasa dalle truppe spagnuole e messa a sacco, dopo aver subìto ogni specie di umiliazione per parte di Carlo V, alcuni anni dopo lo sacrò nel tempio di San Petronio e strinse alleanza con lui, col funesto scopo di togliere la libertà a Firenze, sua patria. Ciò posto, o signori, non ci sarà egli lecito sperare  che il mutamento che si operò nell'animo di Clemente VII, onde ridurre in servitù la sua terra natìa, non'possa pure operarsi nell'animo di Pio IX, onde assicurare la libertà all'Italia e alla Chiesa? (Bene! Benissimo! ) Ma e se ciò non si avverasse? (Segni di attenzione) Se, per circostanze fatali alla Chiesa e all'Italia, l'animo del Pontefice non si mutasse, e rimanesse fermo nel respingere ogni maniera di accordo? Ebbene, o signori, non per ciò noi cesseremo dal proclamare altamente i principii che qui ora vi ho esposti, e che mi lusingo riceveranno da voi favorevole accoglienza; noi non cesseremo dal dire che, qualnnque sia il modo con cui l'Italia ginngerà alla città eterna, sia che vi giunga per accordo o senza, giunta a Roma, appena avrà dichiarato deecaduto il potere temporale, essa proclamerà il principio della separazione, ed attuerà immediatamente il principio della libertà della Chiesa sulle basi più larghe. (Bene! Bravo!) Quando noi avremo ciò operato; quando queste dottrine avranno ricevuto una solenne sanzione dal Parlamento nazionale; quando non sarà più lecito di porre in dubbio quali siano i veri sentimenti degli Italiani; quando sarà chiaro al mondo che essi non sono ostili alla religione dei loro padri, ma anzi desiderano e vogliono conservare questa religione pel loro paese, che bramano assicurarle i mezzi di prosperare e di svilupparsi abbattendo un potere, il quale fu un ostacolo non solo alla riorganizzazione d'Italia, ma eziandio allo svolgimento del Cattolicismo, io porto speranza che la gran maggioranza della società cattolica assolverà gli Italiani, e farà cadere su coloro a cui spetta la responsabilità delle conseguenze della lotta fatale che il Pontefice volesse impegnare contro la nazione, in mezzo alla quale esso risiede. (Applausi) Ma, o signori, Dio disperda il fatale augurio del rischio di essere accusato di abbandonarmi ad utopie, io nutro fiducia che, quando la proclamazione dei principii che ora ho fatta, e quando la consacrazione che voi ne farete saranno rese note al mondo e giungeranno a Roma nelle aule del Vaticano, io nutro fiducia, dico, che quelle fibre italiane che il partito reazionario non ha ancora potuto svellere interamente dall'animo di Pio IX, queste fibre vibreranno ancora, e si potrà compiere il più grande atto che popolo mai abbia compiuto. E così sarà dato alla stessa generazione di aver risuscitato una nazione, e d'aver fatto cosa più grande, più sublime ancora, cosa, la di cui influenza è incalcolabile: d'avere cioè riconciliato il Papato coll'autorità civile; di avere firmata la pace fra la Chiesa e lo Stato, fra lo spirito di religione e,li grandi principii della libertà. Sì, io spero, o signori, che ci sarà dato di compiere questi due grandi atti, i quali certamente tramanderanno alla più lontana posterità la benemerenza della presente generazione italiana. (Vivi applausi)"

 

 

* Estratto del discorso al Parlamento italiano tenuto da Camillo Benso conte di Cavour il 25 Marzo 1861