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Lavoro in Umbria, Rifondazione comunista: “Situazione drammatica, serve una svolta”

I recenti dati Istat sul lavoro, incrociati con quelli dell’Inps, certificano l’aumento della disoccupazione in Umbria, un aumento che interessa soprattutto donne e giovani. I numeri, se confrontati poi con quelli di altre regioni del centro, sono impietosi. Come diciamo da anni la priorità vera per la nostra regione è il lavoro. La crisi economica e sociale dell’Umbria è oramai strutturale. La deindustrializzazione in atto con i casi emblematici di Ast e Perugina, l’incapacità di dare prospettiva ai nuovi lavori e ai tanti che per lavorare devono aprire la partita Iva, il dramma vissuto da giovani e meno giovani che, quando va bene, si vedono contratti poveri e precari rinnovati settimana per settimana, sono le condizioni reali in cui è stata gettata l’Umbria. Dentro la crisi italiana c’è una specificità della nostra regione, una regione in cui il Jobs Act targato Pd ha peggiorato ulteriormente le condizioni delle lavoratrici e dei lavoratori. Del resto il governo regionale monocolore Pd non è riuscito a proporre nè una politica industriale, nè un cambio del modello di sviluppo e, rinunciando ad investire davvero sui Centri per l’Impiego, il cui ruolo principale oggi non è più quello di trovare lavoro, ma di assistenza per richiedere l’indennità di disoccupazione, ha di fatto affidato il lavoro alle agenzie interinali, facendo così precipitare tante e tanti precari nel vortice del lavoro servile. Non solo. Si è dimostrato più attento alle esigenze di Confindustria che a quelle delle lavoratrici e dei lavoratori di questa regione sempre più ostaggi di un lavoro sottopagato e senza diritti. Ecco, per tutti questi motivi, le responsabilità del governo regionale, guidato tra l’altro da una presidente che in direzione nazionale del Pd ha votato a favore del Jobs Act, sono enormi. Serve un’alternativa, un’alternativa popolare e di sinistra.che metta al centro della sua proposta politica il lavoro e lo stato sociale.