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Israele/Palestina: sbagliato riscrivere il passato,sbagliato negare il presente

Ben-Dror Yemini
19/02/2016 - 10:57

*Storicamente non esiste un popolo palestinese, ha detto di recente la parlamentare israeliana Anat Berko scatenando un piccolo putiferio. Prima di lei la stessa cosa l’aveva detta la compianta Golda Meir. In effetti si tratta di un tema spesso ripetuto nei decenni scorsi. Lo stesso ex parlamentare arabo-israeliano Azmi Bishara disse in un’intervista: “Non credo che ci sia un popolo palestinese. C’è una nazione araba. La nazione palestinese è un’invenzione del colonialismo. Quando mai sono esistiti i palestinesi?”.

Sul piano storico Anat Berko ha ragione: non esisteva nessun popolo palestinese. Il nome “Palestina”, con la lettera P che – come ha ricordato Anat Barko – nell’alfabeto arabo non esiste nemmeno, è stato attribuito al paese dai conquistatori romani riprendendolo dal nome dei Filistei, che non erano nemmeno semiti, al solo scopo di punire gli ebrei. In seguito il nome venne adottato dai cristiani, ma non dagli ebrei. Con la conquista musulmana, venne istituito il “Jund Filastin” (distretto di Palestina), con capitale a Ramle, non a Gerusalemme. A partire dall’XI secolo non era più nemmeno questo. Il nome “Filistin” o “Filastin” veniva usato ogni tanto, ma non connotava una identità nazionale. L’intera area veniva considerata parte di A-Sham, il Levante o Grande Siria (la stessa Sham che compare oggi nella sigla ISIS o Daesh). Nel 1911 due membri di famiglie cristiane crearono il quotidiano Filistin che propugnava l’annessione dell’area alla Grande Siria.

 

La voce “Palestine” dal Petit Larousse Illustré, Parigi, 1924: “Paese della Siria, fra la Fenicia a nord, il Mar Morto a sud, il Mediterraneo a ovest e il deserto di Siria a est, bagnato dal Giordano. E’ una stretta striscia di terra compresa fra il mare e il Libano, attraversata dal Giordano che si getta nel Mar Morto. E’ chiamata anche, nelle sacre Scritture, Terra di Canaan, Terra promessa e Giudea. Oggi è uno stato ebraico custodito dall’Inghilterra. Capitale: Gerusalemme”. Clicca per ingrandire

Nella Palestina Mandataria solo istituzioni ed enti ebraici usavano il termine “Palestina-E.I.” (dove E.I. stava per Eretz Israel, Terra d’Israele). L’ebraica “Anglo-Palestine Bank” sarebbe poi diventata la Bank Leumi (Banca Nazionale), e il “Palestine Postal Service” sarebbe diventato il servizio postale israeliano. Al contrario, per tutto il periodo del Mandato Britannico gli arabi non chiamavano se stessi palestinesi, e nessuna istituzione araba si definiva palestinese. La loro massima rappresentanza prese il nome di Alto Comitato Arabo, non Alto Comitato Palestinese. Alla testa della lotta contro il sionismo c’erano degli arabi non necessariamente originari della Palestina Mandataria. L’identità che si veniva sviluppando, nella misura in cui si veniva sviluppando, era araba e nient’altro. Il mufti si considerava un leader regionale, non un leader locale. Fawzi Kaoukji, in prima linea nella rivolta contro gli inglesi e contro Israele, era nato da famiglia turcomanna nella città siro-libanese di Tripoli. Ahmad Shuqayri, il primo presidente dell’Olp, era nato da una famiglia libanese emigrata nella Palestina Mandataria, ed era stato persino ambasciatore saudita presso le Nazioni Unite. Lui e i suoi compagni combattevano contro il sionismo per impedire il progetto di uno stato ebraico in Palestina, ma non si definivano palestinesi.

Questo stato di cose continuò per decenni anche dopo la nascita di Israele. Dal 1949 al 1967 non ci fu né dominio britannico né dominio israeliano in Cisgiordania e nella striscia di Gaza. In quei due decenni, che non sono storia antica ma assolutamente contemporanea, non si formò nessuna distinta identità palestinese. Le più stabili istituzioni palestinesi furono sponsorizzate dagli stati arabi come parte delle lotte tra di loro. Inutile dire che non venne istituito nessuno stato palestinese. Come mai? Eppure non c’era l’occupazione. Lo stesso re Hussein di Giordania ebbe a dire chiaramente, in quegli anni, che “la Giordania è la Palestina e la Palestina è la Giordania” e che “la Giordania con le sue due parti [a est e a ovest del Giordano] è la patria di tutti i palestinesi”.

In realtà, il grande catalizzatore per lo sviluppo di un’identità nazionale palestinese indipendente è stata la guerra dei sei giorni del ’67 e la conseguente conquista di Cisgiordana e Gaza da parte di Israele. Il fatto che in passato non esisteva un popolo palestinese non significa che non esista oggi. In effetti, non è affatto chiaro quale sia la differenza tra i giordani, i palestinesi e gli stessi siriani: hanno la stessa lingua, stessa religione, stessa cultura e spesso sono parenti che appartengono allo stesso clan familiare o alla stessa tribù. Ma l’identità è, a volte, una materia elastica. E in ogni caso, si autodefinisce. Vale per i palestinesi di ieri, che non si definivano popolo; vale per quelli di oggi, che invece lo fanno; vale anche per gli ebrei, che si definiscono popolo e i palestinesi dovrebbero farsene una ragione.

Secondo logica non vi sarebbe alcun bisogno di uno stato palestinese indipendente. Esiste già la Giordania (creata su una parte della Palestina storica per dare indipendenza agli arabi di Palestina). Ma la soluzione a un unico stato non è adatta né agli ebrei, né ai palestinesi. Tuttavia i capi palestinesi, anche negli ultimi due decenni, hanno fatto di tutto per impedire la creazione di uno stato palestinese.

Dunque Anat Berko ha ragione per quanto riguarda il passato. Ma oggi non si deve negare il nazionalismo palestinese, perché chi oggi lo nega si ritroverà in futuro in un (insostenibile) stato bi-nazionale.

 

*Da YnetNews 15-02-'16